VIDEO:
("Io sono ebreo" - da Il bambino con il pigiama a righe)
("La doccia" - da La vita è bella)
("Soluzione finale" - da Il bambino con il pigiama a righe)
("Le scarpette rosse" - video sul testo della poesia di J. Lussu)
BRANI CONSIGLIATI:
C'E' UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE
C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
"Schulze Monaco"
c'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c'è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c'è un paio di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l'eternità
perchè i piedini dei bambini morti non crescono
c'è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perchè i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
SHLOMO VENEZIA (1934-2012)
«Tutto mi riporta al campo. Qualunque cosa faccia, qualunque cosa veda. Non si esce mai per davvero dal Crematorio».
Shlomo Venezia fu destinato dai tedeschi al Sonderkommando, la squadra di prigionieri incaricata di condurre i convogli di ebrei alla distruzione. A loro spettava mantenere l’ordine fra i nuovi arrivati che dovevano essere introdotti nelle camere a gas; estrarre dalle camere i cadaveri; cavare i denti d’oro dalle mascelle; tagliare i capelli femminili; smistare e classificare gli abiti, le scarpe, il contenuto dei bagagli; trasportare i corpi ai crematori e sovraintendere al funzionamento dei forni; estrarre ed eliminare le ceneri.
Nell’universo dello sterminio, non c’è stata forse un’esperienza più terribile, più «completa». Nessuno ha conosciuto la macchina di Auschwitz meglio di loro, più da vicino. In pochissimi sono sopravvissuti alle squadre del Sonderkommando che si avvicendavano nel campo perché venivano eliminate a ritmo regolare, e per molto tempo nessuno di loro se l’è sentita di parlare perché pareva impossibile riuscire a raccontare una realtà così follemente crudele: «Non dovete credere che noi siamo dei mostri: siamo come voi, solo molto più infelici».
Le piccole braccia alzate, lo sguardo terrorizzato, il cappello troppo grande, la morte temuta, vista, capita.
Quel bimbo della foto scattata nel ghetto ebreo di Varsavia nel 1943, non è morto. Tvsi Nussbaum: ecco il suo nome, 64 anni, pensionato, vive a Spinn Valley nello Stato di New York.
"I tedeschi - dice - chiamavano la gente davanti all'hotel Polsky. Avevano una lista, ma il mio nome non c'era. I miei genitori erano già stati ammazzati e io non sapevo che cosa fare. è allora che sono uscito dalla fila, è allora che un tedesco ha gridato "Alza le mani" e io le ho alzate. è allora che un altro tedesco ha detto: " è un bambino solo, tanto vale fucilarlo subito". è allora che hanno scattato questa foto".
Un fucile puntato, attimi lunghi e terribili; lui aveva solo sette anni. In quel momento suo zio Shalom esce di corsa dalla fila e urla: "Fermo, quello è mio figlio".
Il bambino e lo zio vengono portati nel campo di Bergen Belsen.
GIULIANA TEDESCHI "C'è un punto della terra..."
Li liberano gli americani alla fine della guerra.
CITAZIONI:
Non ho paura della cattiveria dei malvagi,
ma del silenzio degli onesti (Martin Luther King)
ma del silenzio degli onesti (Martin Luther King)
“La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. (Art. 21 della Costituzione Italiana)




